mercoledì 5 dicembre 2018

IL MISTERO DI ETTORE GRANDE - CONCLUSIONE


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Ettore Grande fu assolto con formula piena e portato in trionfo dai suoi sostenitori. 

Nel 1952 riprese servizio a Roma come vice caposervizio dell’ufficio stranieri in una dipendenza di Palazzo Chigi, all’interno di Villa Borghese, un incarico che gli servì a riprendere contatto con l’ambiente.


Finalmente, alla fine del 1954, il ministero destinò Ettore Grande a Sofia, con funzioni di primo segretario. La capitale bulgara non era per lui una sede ideale: avrebbe preferito una sede nell’Europa occidentale, come Berlino o L’Aja, per essere più vicino ai parenti. Al di là della cortina di ferro la vita dei diplomatici occidentali era limitata alla stretta cerchia dell’ambasciata: scarse le distrazioni, scarse le occasioni brillanti.

Fu tuttavia a Sofia che Ettore incontrò una giovane donna bulgara, Varvara Racheeva. Benché lui avesse ormai 52 anni e lei soltanto 27, tra i due nacque una simpatia che si trasformò presto in un affetto profondo.

Quando Grande fu trasferito a Bengasi come console generale, Varvara chiese un visto turistico per la Turchia e riuscì a farsi riconoscere, in quel Paese, lo status di rifugiata politica; qui Ettore la raggiunse e la portò con sé in Libia, riuscendo finalmente a celebrare il matrimonio nel 1958.

Ma non era destino, evidentemente, che Ettore Grande potesse godere di una vita tranquilla: come risulta da Wikipedia, nel 1961 Varvara tentò il suicidio. Ettore fu trasferito in Brasile e la moglie chiese e ottenne il divorzio.

Ettore Grande finì la sua carriera in Italia andando in pensione nel 1971: morì a Pescara nel 1992, all’età di 89 anni.

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