A Lanzara, una piccola frazione di Castel San Giorgio in
provincia di Salerno, dove vivevano poco più di mille abitanti, accadde nel
1954 un episodio da molti ritenuto prodigioso.
Ne fu protagonista una figura caratteristica del paese,
Anna Rescigno, la postina gobba. Dal 1931 la Rescigno era la postina titolare
di Lanzara, dopo aver esercitato per diversi anni le funzioni di supplente. Nei
primi tempi la gente non l’aveva guardata di buon occhio e molti quando, aperto
l’uscio di casa, se la vedevano davanti con la sua busta delle lettere a
tracolla, facevano gli scongiuri prima di ricevere dalle sue mani la posta. Ma
questo, fortunatamente, durò poco: Anna era una brava donna, sempre di buon
umore, discreta, cortese, e riuscì in poco tempo ad accattivarsi le simpatie di
tutti.
Anna aveva un’aiutante: la madre, Clorinda Capuano.
Questa morì a ottantadue anni, eppure, fino a pochi giorni prima che un attacco
cerebrale la stroncasse era andata in giro a consegnare la posta urgente,
espressi e telegrammi, durante l’assenza della figlia che stava compiendo il
suo giro. Gli espressi e i telegrammi non potevano certo essere distribuiti con
comodo, e Clorinda Capuano attraversava di corsa le strade per farli arrivare
presto a destinazione.
La domenica per Anna Rescigno e per la madre era giornata
di riposo. Ma la postina gobba non se la sentiva di restare per una giornata
inattiva, tanto che la mattinata della domenica la dedicò volontariamente alla
raccolta settimanale delle offerte, destinate a far dire messe in suffragio
delle “anime del purgatorio”.
Per quella colletta ella bussava a tutte le porte
di Lanzara, e mai invano, perché nessuno aveva il coraggio di dirle di no. Le
ore di libertà le trascorreva con la madre: le due donne si adoravano, non
potevano fare a meno l’una dell’altra, e un giorno esse strinsero tra loro uno
strano patto, un patto incredibile, che fece sorridere chi lo conobbe. Secondo
lo straordinario accordo, quella delle due che fosse morta per prima avrebbe
“chiamato” presso di sé, nello spazio massimo di quattro mesi, la superstite.
Sembrava uno scherzo, eppure le due donne presero molto
sul serio quella promessa, e ne parlavano come di un impegno d’onore,
meravigliandosi dell’incredulità e dei commenti ironici che il racconto del
loro patto suscitava.
Passò molto tempo, e nessuno a Lanzara pensava più al
singolare contratto stipulato dalla postina e dalla madre.
La mattina del 15 agosto 1953 Clorinda Capuano morì,
all’improvviso, senza aver potuto dire alla figlia nemmeno una parola.
Anna rimase sola. Le rimaneva un fratello, Giovanni, che
era sposato con figli e abitava altrove, ma ella non si sentiva di lasciare la
casa nella quale era vissuta con la madre: doveva rimanere lì, ad aspettare la
chiamata che non poteva tardare.
Continuò il suo lavoro, ma non era più quella
di prima, il suo buonumore era scomparso. Riusciva a sorridere soltanto quando
parlava del giorno in cui la madre l’avrebbe chiamata a sé, secondo il patto
che avevano stipulato. Che cosa le importava se la gente si mostrava incredula,
persino beffarda, quando accennava a quell’argomento? L’evento che attendeva si
sarebbe verificato prima o poi. Si trattava soltanto di aspettare.
Ma i giorni, le settimane passavano, la postina gobba
continuava a portare ai suoi compaesani e agli abitanti delle frazioni vicine
gioie, dolori, speranze, con la posta di ogni giorno. E la domenica mattina
continuava ad andare in giro per la questua, e ogni domenica era sicura che
quella sarebbe stata l’ultima volta. Come sempre non avvertiva la stanchezza,
mai si era sentita così bene. “Morirai vecchia come tua madre”, le diceva la
gente che sapeva del patto, per canzonarla.
Trascorse un mese, ne trascorsero due, tre, e Anna
Rescigno continuava a percorrere i suoi otto chilometri quotidiani con la borsa
della posta a tracolla.
Il 14 dicembre la postina gobba stava attraversando la
campagna, seguendo una delle tante scorciatoie che ella stessa aveva trovate
per rendere più rapido il suo giro. Era una mattinata quasi primaverile: nel
cortile davanti ad una casa colonica alcuni ragazzi stavano giocando. La videro
da lontano, la riconobbero, e stavano per correrle incontro quando Anna si
portò la mano alla gola e cadde di schianto.
Dalla casa accorse gente, la sollevarono, la adagiarono su
un letto: andarono a chiamare il medico. Anna Rescigno si riebbe per un istante
solo, sollevò la testa e mormorò tre parole: “Mamma, sto venendo”. Poi non
disse più nulla. Il medico che la visitò, il dottor Francesco Alfano, disse che
non c’era più niente da fare: Anna Rescigno era stata colpita da una trombosi
cerebrale, lo stesso male che aveva portato sua madre alla tomba.
Il fratello, che avvisato era accorso al suo capezzale,
prese la borsa della posta: le lettere dovevano essere distribuite, e continuò
il giro che la sorella era stata costretta ad interrompere.
Quando ebbe terminato dovette aiutare a trasportare il
corpo inerte della sorella a casa. Ella non riprese più conoscenza e si spense
il mattino del 15 dicembre, esattamente quattro mesi dopo la morte della madre,
allo scadere del termine dell’incredibile contratto.
Articolo di
Corrado Martucci da “Oggi” nr. 1 del 7/1/1954
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