La sera del 5 agosto 1948 mani ignote avevano deposto davanti alla chiesa di Gainago, piccola frazione del comune di Torrile nella campagna parmense, un ordigno esplosivo che, scoppiando con fragore, aveva ferito gravemente all'addome la moglie del campanaro, Serena Panciroli, mentre il portale del tempio veniva divelto e sconquassato e i vetri dell'abside infranti dalla deflagrazione.
Tre mesi dopo un altro ordigno, stavolta una hande bombe
tedesca, col manico, veniva appeso mediante una funicella tra un palo e la
grondaia della chiesa, a circa un metro da terra: il campanaro, rincasando di
notte in bicicletta, spezzava lo spago ma la bomba fortunatamente non scoppiava
perchè la sicurezza non era stata tolta. Una terza bomba ad alto potenziale
veniva posta, il 21 gennaio 1949, in una finestrella davanti all'ingresso della
casa del campanaro, ma anche stavolta l'ordigno rimase inesploso.
Dopo questi fatti, gli abitanti di Gainago, e primo fra
tutti l'arciprete Don Ireneo Gabelli, vivevano giornate di incubo, dato che
l'ipotesi più attendibile sul movente degli attentati era che questi fossero
opera di una banda di terroristi decisa a far saltare la chiesa.
Ora, prima di continuare la narrazione delle vicende
delittuose, è necessario rifarsi a una domenica dell'estate 1948, quando venne
organizzata una gara di micromotori che si svolse nel parco della villa dei
marchesi Balduino, con grande concorso di pubblico, affluito anche dai paesi
vicini.
La corsa venne vinta da un giovanotto di Colorno, il ventitreenne
Egidio Malanca, noto in tutta la zona come un giovane animoso ma un tantino
"picchiatello", il quale si sentì particolarmente lusingato allorchè,
dopo la vittoria conseguita, gli sembrò di vedere posarsi su di lui lo sguardo
ammirato della nipote del marchese, la marchesina Stefania, di cui era
segretamente innamorato. Egidio confidò questo suo segreto alla domestica del
parroco, Clelia Cotti, una donna molto scaltra e arruffona, sulla cinquantina.
La Clelia era da circa sei anni domestica di Don Gabelli,
il quale non aveva mai avuto a lagnarsi dei suoi servigi. Avute le confidenze
del giovane, essa lo consigliò di scrivere a Stefania, e lei - la Clelia -
avrebbe provveduto a recapitare nelle mani della marchesina il messaggio.
Egidio Malanca si attenne al consiglio e scrisse un'appassionata dichiarazione
d'amore.
Non sappiamo se nella mente fantasiosa della Clelia fosse
già germinato il piano diabolico che doveva trascinare alla perdizione il
giovane innamorato e sconvolgere la tranquillità di tutto il paese, ma è certo
che essa finse di consegnare la lettera alla ignara destinataria e di suo pugno
rispose al galante giovanotto con una lettera altrettanto appassionata.
Naturalmente, dopo questo primo successo, si stabilì tra
lui e la presunta Stefania una corrispondenza epistolare che aveva il tono
sentimentale e sconsolato degli amori contrastati, perchè la Clelia aveva
l'accortezza di scrivere al giovane nelle sue apocrife missive: "Quando mi
incontri fingi di non conoscermi perchè mio nonno è molto severo e non
approverebbe questa nostra relazione". La scrivente, inoltre, giocava
d'astuzia per trarne un personale profitto e spesso, tra le proteste d'amore,
inseriva raccomandazioni come questa: "Cerca di compensare la serva del
prete che ci agevola e ci protegge". Così, a più riprese, il giovane
innamorato consegnò nelle mani della intermediaria somme di denaro e anche
regali, destinati a Stefania.
A questo punto la farsa rotola nella tragedia: e questo
accade allorchè la scrivente accenna agli "ostacoli che si frappongono al
nostro amore" e a un tale Giuseppe Mora "che va a raccontare tutto e
ci intralcia". Questo Giuseppe Mora è il campanaro della chiesa, un bravo
ragazzo umile e devoto. Perchè la Clelia nutrisse per lui un odio così feroce
non ci è dato di sapere, ma l'ipotesi che il giovane campanaro avesse respinto
le sue profferte d'amore è quella che trova maggior credito.
Insomma,
l'inesorabile Perpetua aveva in animo di "far fuori" il campanaro: e
in una delle sue apocrife missive sceisse al giovane Egidio informandolo che
l'unico ostacolo al loro sogno d'amore era il campanaro e che, pertanto, era
necessario toglierlo di mezzo.
Fu allora che Egidio Malanca, reso cieco dalla passione e
ormai dominato dal demone del delitto, trasse da un nascondiglio delle bombe
che teneva occultate dai tempi della lotta clandestina, iniziando la serie
degli attentati presso la chiesa.
La diabolica serva, però, non aveva ancora esaurito le
sue riserve di malvagità. Infatti, in una delle sue ultime lettere, scriveva al
giovane prospettandogli la possibilità di una romantica fuga. Occorreva però
denaro, molto denaro, e allora gli suggerì di inviare al nonno, marchese
Balduino, una lettera minatoria, imponendogli, pena la morte, di depositare un
milione sulla panca di famiglia nella chiesa di Gainago.
E' indubbio che il Malanca, la cui mente era ormai
completamente sconvolta, si sarebbe fatto anche ricattatore. Ma ormai le
incessanti indagini condotte dal tenente Genovesi e dal maresciallo Sciuto
avevano portato i carabinieri sulle buone tracce, e prima che anche quel proposito fosse mandato ad effetto, il
Malanca veniva arrestato e dal suo interrogatorio emergevano le gravi
responsabilità della perfida Perpetua.
La Cotti venne a sua volta interrogata dal maresciallo,
ma essa negò disperatamente, quindi fuggì a Parma, dove venne arrestata.
Ormai
c'erano prove schiaccianti che la accusavano inesorabilmente: infatti, in
seguito ad una perquisizione effettuata nella sua stanza presso la canonica,
vennero trovati sotto il materasso i gioielli destinati in dono alla marchesina
e tutte le lettere che il Malanca aveva inviato alla ignara destinataria.
Articolo
di Walter Minardi da "Oggi" del 1949
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