giovedì 13 dicembre 2018

IL CASO MONTESI - IV




PROCESSO AL LADRO IGNOTO


Editoriale di Edilio Rusconi (direttore) da "Oggi"  n. 12 del 25 marzo 1954



Giorno per giorno, persona per persona, l’intera nazione italiana sembra incamminata verso la sedia dei testimoni al processo Muto: e mentre è in corso questa specie di censimento della popolazione, aumenta il numero dei memoriali e diminuisce il senso della realtà. Coloro che non hanno mai conosciuto né la Moneta-Caglio, né la Montesi, né il Montagna, né alcuno della vicenda, nemmeno qualche lontano parente della signorina Bisaccia, si sentono davvero mortificati, tanto più che – offrendo i comunisti compensi a chi abbia “rivelazioni” vere o false da fare – viene a mancare quella possibilità di guadagno che è la molla dell’iniziativa privata.


Vediamo di ricordare i confini e le traversie della vicenda. Una ragazza viene trovata morta: la polizia dice e che è morta mentre si bagnava i piedi, e naturalmente raccoglie il credito che raccoglierebbe se dicesse che la ragazza è morta per aver picchiato la testa contro una nuvola bassa. La magistratura archivia la pratica e, come sempre, il mistero produce bisbigli, congetture e fantasie, oltre che una notevole sfiducia verso le qualità investigative della polizia.


A un certo momento, un giornalista pubblica un articolo con certe sue congetture, la procura della repubblica di Roma dice: “Questo articolo turba l’ordine pubblico”, e si apre così un processo che produce il più grande frastuono del dopoguerra e che turba l’opinione pubblica con un primato tale che non potrà essere uguagliato da nessun altro avvenimento, se non forse dalle nozze dell’on. Scelba con l’on. Jotti, e dalla loro partecipazione al giro d’Italia nel quale dovrebbero battere simultaneamente Fausto Coppi: ma forse ciò non basterebbe ancora. Roma e tutto il resto d’Italia non parlano d’altro che dello “scandalo” e l’eco arriva in ogni parte del mondo abitato: i pubblici poteri si trovano di colpo investiti da un generale e generico J’accuse; il capo della polizia si dimette; il commercio e la borsa si paralizzano di colpo; i comunisti esultano come se finalmente fosse dimostrato che la società libera è interamente corrotta; decine di querele, controquerele, denunce si accavallano per dimostrare che taluni italiani non conoscono molto le vie dell’onore ma moltissimo quelle dei tribunali; la magistratura romana ha davanti a sé lavoro per un anno; i tipi intraprendenti organizzano le prime scommesse sulle vertenze.


Proseguiamo: il giornalista cita due donne come testimoni: una di esse, la Bisaccia, apre uno spiraglio verso il mondo pauroso degli stupefacenti: l’altra, la Moneta-Caglio, denunzia un suo ex-amante, e gli amici dell’ex-amante, e gli amici degli amici dell’ex-amante; la confuta un rapporto dei carabinieri, confidenziale, e perciò letto in pubblico e riprodotto su tutta la stampa: ne derivano denunce a cannocchiale che danno un’idea dell’infinito. 

E la ragazza “terribile” diventa la donna più celebre d’Italia, tema di ogni conversazione: la ente si minaccia scherzosamente, esclamando: “Se non la smetti, chiamo la Moneta”; le riviste teatrali si riempiono di battute sulla Moneta, il valore della Moneta, la Bisaccia per la Moneta che manda il Muto in Montagna: coloro che intrattengono amanti, soprattutto amanti giovani, si mostrano molto gentili con le medesime, e gli appassionati di caccia si accorgono che questo sport è terribilmente pericoloso perché avrebbe potuto portarli a un’innocente partita venatoria a Capocotta e di lì sulle prime pagine dei giornali. Capocotta è diventata intanto una località celebre in tutto il mondo, spiaggia di grande avvenire che sembra promettere aria piena di iodio e di peccato. Ed ecco che via via il processo perde ogni limite, e diventa la ribellione a quanto di corrotto c’è a Roma e anche altrove, diventa il tentativo di smascherare chi mescola politica, amori e furti. Si apre così, quasi da sé, il grande processo al ladro ignoto della vita pubblica italiana.


Quello che le né le varie occupazioni straniere, né la guerra perduta, né l’entusiasmo degli on. Togliatti e Longo avevano ottenuto – ossia lo scotimento di tutto lo Stato italiano – l’ha ottenuto, tra un sorriso e un’alzata di spalle, una ragazza di ventitré anni, una sconcertante, spregiudicata, ostinata ragazza che ha orientato secondo la sua volontà l’attenzione del Paese, del parlamento, del governo, dando contemporaneamente una bandiera di moralizzatore all’on. Togliatti e all’on. Scelba, e che meriterebbe forse la carica di ministro della pulizia nazionale, se si trovasse il modo di impedirle di diventare una autocrate come Elisabetta I d’Inghilterra o Caterina di Russia.


All’inizio può aver contato una certa morbosa curiosità, quando si è parlato di orge, festini, stupefacenti, peccatrici d’ogni categoria, tutti ingredienti per film proibiti agli inferiori di 16 anni. Immaginate per esempio che un film narri la storia della povera ragazza semplice, attratta in un luogo di orge, intontita con alcool o droghe, una povera ragazza che sviene e a cui viene praticata un’iniezione di olio canforato; e immaginate che l’iniezione, “entrata in vena” come dicono i medici, produca la morte, e che la poveretta venga abbandonata su una spiaggia, e che ad abbandonarla sia un personaggio influente: Dio mio, che film! Mare e pineta sullo sfondo, spari e cinghiali, musica sincopata e alcove. Ma la verità?


Ed ecco che la gente s’è dimenticata di quella morta, della pineta, dei cinghiali; e ha improvvisamente intravisto la possibilità di avere rivelazioni su altre corruzioni ancora più gravi perché producono ogni altra corruzione; le corruzioni affaristiche, le colossali evasioni fiscali, quelle porcherie che trovano a Roma il loro terreno di espansione come certe liane tropicali. Con entusiasmo e speranza la gente ha aspettato che il presidente del tribunale, dicendo: “Imputato, alzatevi”, mostrasse a tutti quel personaggio simbolico finora ignoto che è il profittatore, l’intermediario, il mascalzone potente. E’ uno spettacolo commovente, che testimonia che gli italiani puliti sono molti e gli sporchi pochi, e che i molti desiderano eliminare quei pochi.


Finora tutto è stato dunque “colpo di scena”, “sensazionale”, appunto perché il significato viene non tanto dai fatti quanto dall’ansia pubblica, come se fosse l’anima della gente a dare valore e nesso a fatti in sé slegati e confusi. 

Di preciso è risultato che a Capocotta andava a caccia molta gente, che il Montagna ha una fedina penale sporca, che il montagna era amico del capo della polizia: e molti forse per gli stupefacenti, le donne, gli affari non corretti, gli intrighi di personaggi influenti. Molti forse: ma la gente sa che avvengono affari non corretti, intrighi, evasioni fiscali, e non le interessa tanto che in ciò entri il Montagna, quanto che i pubblici poteri dimostrino di essere sani, smascherando chi c’entra e colpendo dovunque sia giusto colpire. 

A lungo la gente ha aspettato che fossero i giornali ad assolvere questo compito che è caratteristico della stampa dei Paesi liberi, ma i giornali hanno potuto ora a malapena mettersi sulle orme della magistratura, perché la legislazione italiana impedisce che assolvano queste funzioni: consente loro l’ingiuria e la falsificazione, ma non consente l’indagine e la rivelazione delle porcherie, e ha aggravato la situazione con l’assurda legge sulla stampa del 1948, che concede a chiunque sia nominato di rettificare, non solo per dire la verità, ma per dire quello che egli ritiene sia la verità, anche se si tratta della più spudorata menzogna (Giuliano avrebbe potuto far pubblicare a tutti i giornali che parlavano di lui una sua dichiarazione con lo scopo di presentarsi come un paladino dell’onestà, amante del tiro al piattello e del lavori all’uncinetto). Quando leggi e consuetudini concorrono a creare misteri e solidarietà inaccettabili, la verità si vendica con sussurri e sospetti, allora il rumore di un sasso dà un rimbombo da giudizio universale e quel fragore indistinto prende esso stesso il posto della verità documentata.


Situazioni del genere sono rivelatrici di un disagio generale. L’on. Scelba dovrà tenerne conto: perché è urgente restituire ai cittadini fiducia verso lo Stato.

Lo Stato italiano, infatti, con le sue leggi, i suoi decreti, i suoi decreti-legge, le sue statizzazioni e i suoi accentramenti, è organizzato apposta per facilitare le azioni scorrette e i raggiri. Dovremmo sbalordirci se non ce ne fossero. Lo Stato italiano è corruttore nella sua struttura, non nei suoi uomini: da molto tempo noi chiediamo l’epurazione delle leggi e degli enti, la bonifica dello Stato, e più autorevolmente di noi ammonisce don Sturzo, il più saggio degli uomini politici italiani. Non i funzionari italiani dunque sono da travolgere in un unico e generico giudizio: i funzionari sono nella loro generalità leali e puliti. Basta però che uno su mille sua corrotto, o sciocco, per compromettere tutta la correttezza delle funzioni statali. Ma soprattutto corrotto è un mondo di speculatori, affaristi, intermediari, prestanome, calati a Roma da ogni parte d’Italia: la galassia degli sporcaccioni. E’ questa la Roma che tutte le persone perbene deplorano. Non dunque i romani, non la Roma vera e propria, ma la Roma “artificiale”, la capitale degli sporcaccioni: gli unni della bustarella e dell’affarone.


Occorre dunque eliminare le tentazioni insite nelle leggi e negli istituti prima ancora che nei costumi. Anche indurre in tentazione, infatti, è una colpa. Si eliminino dunque le migliaia di licenze, controlli, enti, quello statalismo delirante che, nato con lo scopo di controllare e dirigere, concede invece a poche persone un potere discrezionale illimitato, e perciò diventa uno strumento onnipotente di azioni sporche da parte di alcuni furbi a danno di tutta la comunità nazionale. Si riducano al minimo le funzioni statali: si colpiscano duramente i corrotti e i corruttori. Se le leggi non bastano (in questo Paese in cui il traffico e l’uso degli stupefacenti è trattato con tanta indulgenza) si correggano: poche leggi, utili e molto severe. L’uso dei pubblici poteri per scopi illeciti è una colpa di tradimento verso la comunità nazionale e deve essere punita con la massima durezza. I funzionari probi, che sono la maggioranza, sappiano che in questa grande operazione essi sono i combattenti indispensabili: aiutino dunque a eliminare i disonesti dentro e fuori la compagine burocratica.

L’on. Scelba ha davanti a sé un’impresa di bonifica che si può effettuare solo con durezza: se riuscirà – e deve riuscire – potrà aspettarsi di avere monumenti sulle piazze quanti ne ha Garibaldi. Per non rendere inutile lo sbarco di mille audaci a Marsala, è urgente sbarcare mille furfanti in galera.

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